Mercatino di via Obici, CXXIX Fiera di San Giovanni
Spilamberto, 24 giugno 1999

CEV&CEV
presentano

SURREALISTA SPILAMBERTO



Prefazione di Giulio Carlo Argon



Nella tarda primavera del 1937, il grande pittore surrealista belga René Magritte (1898-1967)

scomparve improvvisamente dalla casa di Parigi dove allora risiedeva. Gli amici dell'artista, dopo alcuni giorni trascorsi nella sufficiente convinzione di un'avventura amorosa, iniziarono a nutrire preoccupazioni sulla sorte del maestro. Presero dunque l'avvio una serie di indagini, che dapprima condotte in forma privata, al prolungarsi dell'assenza del pittore finirono per sfociare in una denuncia presentata alla Sureté a firma del carissimo amico e pure celebre pittore Salvador Dalì .

Inutili furono comunque gli sforzi della pur valida gendarmeria francese, così come prive di risultati furono le ricerche intraprese dai numerosi agenti dell'agenzia investigativa Pinkerton ingaggiati e spediti in terra di Francia dal mercante d'arte Sholikov, esclusivista dei diritti di vendita delle opere del belga nel continente americano: dell'artista non venne trovata alcuna traccia. Data la già grande notorietà di Magritte, la notizia della sua sparizione fu pubblicata da tutti i giornali francesi ed ebbe ampia eco sulla stampa internazionale. Ma dell'artista non si scoprì la minima traccia.

La situazione non registrò variazioni di rilievo fin quando, l'otto settembre di quell'anno, Magritte ricomparve a casa propria in modo non meno improvviso e misterioso di quello che ne aveva accompaganto la scomparsa.

Immediatamente sottoposto al fuoco di fila delle domande degli amici e colleghi, nonchè ad alcuni serrati interrogatori da parte dei funzionari francesi e dei detective statunitensi, pure il pittore si rifiutò di rispondere a qualunque domanda circa i motivi che l'avevano allontanato da Parigi e circa il luogo o i luoghi in cui aveva soggiornato, invocando il proprio diritto naturale di uomo libero nonchè la legge sulla privacy, allora di recente promulgazione nella Repubblica Transalpina. Poco a poco lo scalpore si affievolì, gli amici si fecero una ragione dell'ostinazione del pittore e il fatto finì per non essere più menzionato. Ma non venne dimenticato, tanto che in tutte le biografie dell'artista belga esso viene ricordato, vuoi come Il Mistero del 1937 (Renè Magritte: une biographie, di Jean Paul Commonsappelle, Dauregard Editeur, Paris 1971) oppure come Il buco nero di Magritte (The surrealist life of Magritte , John Canbedone, Penguin Book, New York 1974).

Nell'autunno del 1998, trovandosi il signor Gustavo Cevolani impegnato in alcune ricerche bibliografiche nell'archivio della Parrocchia di Spilamberto, ebbe egli modo di imbattersi in una cartella di marocchino rosso, all'aspetto vecchia di qualche decennio. Apertala, il ricercatore vi rinvenì una serie di dipinti che, con suo grande stupore, presentavano temi e stilemi assolutamente tipici della poetica di Magritte. In un primo momento il rinvenitore pensò a copie, magari di uno studente di Belle Arti, ma già un'analisi preliminare delle caratteristiche della pennellata e la decifrazione della firma delinearono la straordinaria ipotesi che le opere fossero effettivamente di mano del Maestro.

Il Cevolani, a conoscenza dell'episodio oscuro nella vita del Maestro grazie alla traduzione italiana del Commonsappelle dovuta al Bigoni, azzardò immediatamente una correlazione fra i due fatti, immaginando che il periodo in cui Magritte era scomparso da Parigi fosse stato trascorso dall'artista in quel di Spilamberto. Ipotesi pesantemente supportata dai soggetti dei dipinti: se infatti le caratteristiche delle immagini sono certamente tipiche del maestro belga, altrettanto sicuramente molti dei luoghi in esse rappresentati sono spilambertesi, dal notissimo Torrione al Municipio , passando per la squisita Villa Ada ed il Ponte sul Panaro. E pure nelle opere mancanti del riferimento paesaggistico l'ambientazione spilambertese è indubbia grazie alla presenza di una serie di riferimenti attribuibili solo al paese del modenese, quali l'ampolla di Aceto Balsamico oppure l'Amaretto.

Allo scopo di trovare conferma alla propria ipotesi, il ricercatore si mise allora alla ricerca di ulteriore documentazione, ma senza successo. Appena più fortunata fu l'inchiesta condotta fra gli anziani del paese, nel senso che il signor Emilio Giusti, pittore a sua volta, intervistato testimoniò come circa in quegli anni gli fosse capitato in bottega un francese a cui egli aveva venduto due pennelli, ma non aveva idea di chi fosse nè l'aveva più rivisto. Ed a riprova dei contatti fra il Maestro e il Giusti va notato come uno dei dipinti ritrovati abbia per soggetto il Portico di Bondi, ovvero un edificio che si trova proprio all'angolo della via in cui ha sede la bottega del pittore spilambertese.

Solo una traccia dunque, ma sufficiente a confermare come Renè Magritte si trovasse a Spilamberto nel periodo della sua scomparsa da Parigi. Solo comunque un piccolo squarcio nel mistero, chè delle motivazioni che condussero l'artista a questo soggiorno ancora nulla si sa.

In seguito ai fatti esposti, il Cevolani, fermamente deciso a mettere a disposizione del mondo della cultura la propria scoperta, si pose in contatto con alcuni appassionati di cose spilambertesi che, entusiasti della proposta, gli assicurarono la propria collaborazione ed è grazie al loro fattivo supporto che quest'opera vede oggi la luce. Essi confidano in una favorevole accoglienza delle loro fatiche da parte del sempre generoso e sensibile pubblico spilambertese, anche perchè le offerte derivanti dalla diffusione del presente lavoro andranno a favore degli ospiti della Casa di Riposo Francesco Roncati di Spilamberto.

E mi piace credere che non per caso queste opere di Magritte vedano la luce nell'ambito di una manifestazione, il Mercatino di Via Obici, che prende il nome da quella via che il Maestro non mancò di immortalare in una delle sue tele.

Chiamato a redarre una prefazione, aderii a mia volta con entusiasmo: credo che non esista avventura più affascinante per un critico d'arte che il rinvenire opere non conosciute di un grande maestro. Per la prima volta nella mia lunga carriera questa fortunata occasione mi è stata offerta in Spilamberto e non sarò mai grato a sufficienza nè a coloro che me l'hanno procurata nè al Paese che, con le sue bellezze, ha in modo sì mirabile ispirato il Maestro.



Giulio Carlo Argon




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